Ci vogliono meno di tre secondi per avere una reazione istintiva. Secondo Dan Hill in Emotionomics: Leveraging Emotions for Business Success, “Le emozioni processano l’input sensoriale solo in un quinto del tempo in cui il nostro cervello cosciente e cognitivo impiega per assimilare quello stesso input.” Le emozioni, rispetto al pensiero cognitivo, hanno un impatto più profondo sulle nostre azioni; creano impressioni durature e istintive e, in effetti, ci predispongono a seguire la stessa linea d’azione in futuro.

Per i brand, questa è un’informazione incredibilmente potente, e molti ne stanno facendo tesoro creando annunci emotivi progettati per andare dritti al punto. Le pubblicità emozionali non sono solo immagini e slogan che cercano di educare e persuadere gli spettatori. Manipolano strategicamente i sentimenti dei consumatori e stimolano i meccanismi emotivi che influenzano il modo in cui prendiamo le decisioni. Un annuncio emozionale può essere progettato per incitare rabbia, tristezza o gioia, o comunque tutti i sentimenti mirati all’obiettivo finale del marchio.

I sentimenti sono d’oro

I brands ricorrono all’advertising emotivo perché quando funziona, noi ricorriamo ai nostri fazzoletti  e poi ai nostri portafogli. Trend Hunter Marketing ha analizzato 55 campagne di marketing emozionali, con categorie che vanno da “storytelling nostalgico” a “cani in attesa”, e si è constatato che il punteggio medio di popolarità è superiore  rispetto a categorie più viste come “auto avventurosa” o “indumenti intimi scandalosi”.

Gli annunci emozionali non sono solo piacevoli, ma determinano anche tassi di conversione più elevati. Uno studio dell’Institute of Practitioners in Advertising ha rilevato che gli annunci con contenuti puramente emotivi hanno generato il doppio di profitto rispetto agli annunci basati su contenuti razionali (31% contro 16%). Per Psychology Today i consumatori usano le emozioni piuttosto che le informazioni per valutare un marchio.

Poiché gli annunci emotivi creano un’impressione più profonda e più viscerale nei centri di memoria del cervello, i marketers stanno misurando le risposte cerebrali al contenuto utilizzando strumenti neurometrici come la codifica facciale, i test di risposta implicita, il tracciamento oculare e la risonanza magnetica (MRI).

BrainJuicer, una società di ricerca e strategia basata sulla scienza comportamentale, offre ai suoi clienti strumenti brevettati che accedono a quello che lo psicologo Daniel Kahneman chiama “sistema 1” ovvero la parte emotiva del cervello che guida la maggior parte delle decisioni dei consumatori.

Alex Hunt, il presidente del mercato americano di BrainJuicer, afferma infine che, mentre i tradizionali modelli di ricerca di marketing suppongono che la persuasione produce un comportamento desiderato, le decisioni dei consumatori non sono guidate dal pensiero lineare quanto dal sentimento.